domenica 11 novembre 2012

 23 giugno 1969

Mi sono spazzolata i capelli per un giorno intero, centomila volte come diceva la povera nonna, la gonna che ho scelto è nera, troppo corta, direbbe mio padre e anche i miei fratelli, mi impedirebbero di uscire così conciata al paese ma loro, dal paese, non possono vedermi oggi.
A domani saranno vent'anni che sono venuta al mondo e stanotte, quasi a mezzanotte, il mio unico grande amore sarà qui a Milano, apposta per me, apposta per il mio compleanno.
Andrò a prenderlo alla stazione, lui vedendomi aprirà i suoi begli occhi, mi dirà "Hi darling" e io gli risponderò con una delle poche cose che ho imparato in inglese solo per lui: "I love you Paul".
Devo andarci da sola, Caterina non può venire, Caterina non può uscire da sola di notte, anche lei è del sud, come me, ma vive con i suoi genitori e anche con Rosaria, e Maria e poi anche Giuseppe, Antonio, Salvatore e l'ultimo non me lo ricordo, sono molti fratelli, non come noi che siamo solo in quattro e io sono l'unica femmina.
Un po' Antonio mi fa la corte, ha ventisei anni e lavora alle ferrovie, forse è anche un po' bello ma non lo posso guardare troppo perché poi come faccio a spiegarlo al mio Paul?
Ogni tanto mi aspetta quando vado al mercato, mi dice che non ce la faccio a portare le borse e me le porta lui di sopra.
Antonio, quando non lavora sta sul portone che fuma una Nazionale, non è molto alla moda, non è capellone e non ascolta il rockenroll e i cantanti inglesi, solo italiani, specialmente Gianni Morandi che a me non mi piace perché ha la faccia da tonno e le mani grandi.
Io Gianni Morandi lo schifo, ma non ho il coraggio di dirlo ad Antonio quando mi canta "fatti mandare dalla maaammaaa".
Però non posso dargli confidenza, specialmente ora che Paul e i suoi amici stanno arrivando.

Quando mi presero a servizio qui a Milano loro, la mamma e il babbo intendo, non erano contenti di mandarmi da sola, ma la Signora ha detto che mi avrebbe guardata, che non mi avrebbe fatto mancare nulla e mi avrebbe preservata, tra poco faccio tre anni che sono qui.
La Signora è venuta una mattina, era molto bella, prendeva il sole al mare, gli uomini del paese la guardavano tutti, questa ricca milanese che si bagnava così, discinta, mi aveva conosciuta alle poste, diceva che ero sveglia, che a Milano sarei stata bene.
E io sono andata con lei e non le ho detto mai una bugia, mai, non come fanno le altre che dicono alle loro signore che i peperoni costano dieci lire di più al chilo e si tengono il resto ma questa volta ho dovuto dirle una bugia e solo Caterina lo sa, un po' è contenta per me, un po' mi invidia.
Non so se te l'ho detto ma con Caterina ci siamo conosciute perché i suoi genitori sono i portieri nel palazzo della Signora.
Io e Caterina, quando c'ho il pomeriggio libero e sua mamma è a fare le commissioni e le sorelle e i fratelli sono a lavoro, mettiamo il piccolo in cucina a fare i compiti e ci chiudiamo nella sua stanza ad ascoltare A hard days night lo sappiamo tutto a memoria, specialmente ci piace can't buy my love.
Una volta la Signora era in montagna, così io e Caterina lo abbiamo ascoltato nel giradischi suo che è molto più bello e la musica si sentiva benissimo, poi allora ho preso il dizionario d'inglese della Signora e un po' abbiamo provato a vedere cosa diceva e diceva quello che penso io, che l'amore non si compra, che l'amore non c'entra con i soldi, io lo so perché Paul me lo prenderei anche se fosse povero come Antonio.
Comunque un altro po' e mi viene la febbre a pensare che Paul e i suoi amici stanno arrivando.
Che ore sono?
Le dieci?
Spero proprio di fare in tempo.

Sono passata prima da Caterina di nascosto, ha detto che sono molto bella, che sicuramente Paul mi vedrà e vorrà subito fidanzarsi con me, io sono diventata tutta rossa, mi ha fatto lei i capelli cotonati e mi ha tolto le sopracciglia con la pinzetta, se mi vede il babbo mi urlerà ma tanto neanche ci torno dal babbo perché Paul mi prenderà con lui, per forza perché io lo amo.
Anche alla Signora ho dovuto dire una bugia, le ho detto che si sposava Michela, mia cugina in primo grado e se potevo tornare al paese, quando verrà a prendere il mare scoprirà che non è vero ma a me che me ne importa?
Forse a quell'ora Paul mi avrà già sposata.
Sarò chiara, o mi sposa o niente, le cose si devono fare per bene, ma Paul è un ragazzo serio e non vorrà farmi questa vergogna e poi, se il babbo sa che sono scappata con lui dovrà sposarsi per forza con me come ha fatto Lucia, la mia vicina del paese, quando è scappata con Tommaso.
Così ho portato la valigia, per fare finta che prendevo il treno notturno, dentro c'è anche la lettera che Caterina mi ha dato per George, ci piacerebbe fidanzarci tutt'e due e andare ad abitare vicine, in Inghilterra e comprarci le minigonne e pitturarci gli occhi.
Ah ma lo sapevi anche tu che stanno arrivando?
Ah sei un giornalista?
Quindi anche tu scendi alla prossima?
Alla Stazione Centrale?

Sul Corriere di oggi, che Caterina ha preso dal Commendatore del terzo piano, dicono che il treno arriverà da Lione, bisogna vedere a che binario è, come dici?
Il sedici?
Il mio treno, quello per il paese è già partito ma tanto non c'è problema, se proprio Paul non mi vuole o mi butto sotto al tram, ma mi dispiace per Caterina, oppure torno dalla Signora e le dico che ho perso il treno e che ormai al matrimonio non vado più e se mi vedrà piangere tantissimo le dirò che mi dispiace non essere scesa per le nozze.
Io ho tutte le foto di Paul, quelle dei rotocalchi della Signora, prima di buttarli controllo sempre che non ce ne sia qualcuna, allora la ritaglio e la metto nella cassetta, te le farei vedere ma mi pare brutto aprire la valigia in mezzo allo scalone.
Caterina invece le prende dai giornali vecchi del Commendatore o dall'Avvocato, a volte, se le abbiamo doppie ce le scambiamo, ci dispiace solo che non ce le possiamo attaccare al muro ma io me le guardo tutte le sere prima di dormire e ci parlo anche, a volte provo in inglese ma so dire poche cose, non mi preoccupo, lui m'insegnerà.
Ma cosa ci fanno tutte queste persone sul binario?
Guarda quelle come sono conciate, si vede che sono ricche ma praticamente non hanno messo la gonna, guarda quanto trucco e quelli lì?
Non mi dire che lo sapevano tutti che stanno arrivando.

Che ore sono?
Ah le 23
Che ore sono?
Ah le 23 e 3
Che ore sono?
Ah le 23 e 13…

Il disco l'abbiamo trovato buttato da quelli del quarto quando si sono trasferiti, hanno figli della nostra età, ce n'erano anche altri ma non funzionavano, quello era l'unico che funzionava.
Stanno arrivando?

Come dice la voce?
Che il treno arriva al binario tre?
Corriamo.
Come?
Sono già andati via?
Senza che Paul mi vedesse?
Io non ci credo, io li aspetto qui ancora un po' o tutta la notte, per me li hanno fregati tutti ma non fregano me, io lo so che stanno ancora arrivando.

mercoledì 30 novembre 2011

Semplicemente ci ameremo con un po' di ironia (metarecensione o recensione a metà)

Un treno: Bologna-Milano, un romanzo, questo. Il pensiero a Icaro, quello involato (ed era facile). Poi inizi a leggere e sorridi perché pensi sia un intreccio geniale, esplicito.
Tuo fratello quando era piccolo, smontava i giochi per vedere cosa c'era dentro, per capire cosa li muovesse, pare che De Roma faccia col libro la stessa operazione. Un romanzo con dentro un romanzo, con personaggi dove anche il narratore/autore viene trascinato in doppia forma.
E allora tocchi col gomito il tuo compagno di viaggio, gli fai leggere una parte e forse i suoi personaggi, quelli che seguiva prima di alzare la testa dalla sua lettura, si mischiano per un momento con l'angelo storpio, con il presentatore decaduto e il fighetto di periferia assiso alla TV spazzatura.
Così a Roma nevica sotto Natale e questo è più straordinario di un angelo caduto e della restituita coscienza ai personaggi. E forse quel viaggio lo stai facendo anche tu come puntata di un romanzo e non sai se è un capitolo iniziale, se sei a metà, se è il climax o la conclusione, non lo sai com'è il tuo romanzo perché i personaggi dei romanzi non sanno mai nulla, non sanno di essere personaggi.
Tranne qui.
Gli è stata restituita la coscienza,c'è sempre un dettaglio, magari distratto, tra le pagine di un enciclopedia o la copertina con un pappagallo che ti fa chiedere un mese dopo "chissà come andava a finire la storia di Nello poi".
Ti sei messo il cd nuovo di pacca degli Smiths, perché certi viaggi non si possono fare da soli, neanche stando fermi così da perderti nell'intreccio tra il contemporaneo dove vive la TV spazzatura e i personaggi che tentano l'ascesa platonica alla luce, oltre la caverna. Prendere coscienza solo nel silenzio, in una dissipatione (HG) si è personaggi in totale balia di qualcuno che ti scrive, che ti racconta e forse sempre così, "una, nessuna e centomila" volte, qualcuno ci scrive anche adesso.
Non una divinità, non un essere superiore onniscente, ma gli altri personaggi stessi, quando tentano di prendere il controllo di qualcosa che non possono controllare, che non sanno controllare.
Loro non sanno.
E noi sappiamo?
Romanzo meraviglioso, complesso, non immediato ma allo stesso tempo fruibile, un metaromanzo che vive di vita propria. Il libero arbitrio non c'è, il libero arbitrio è sepolto nel silenzio di una coltre di neve a piazza Navona.

Quando tutto tace
di Alessandro De Roma
Bompiani, 2011

venerdì 21 ottobre 2011

Pseudo Inno Omerico ad Eros

Ti cerco, nell'ansimo urlato del mattino di città,
io ti cerco
dopo notti insonni senza nome
dove il solo calice che alzo è quello alla lontananza
brindando al vuoto dell'assenza,
raggelante,
con braccia troppo corte per arrivare a scaldarci.

Io ti cerco, Alpha e Omega, nelle notti senza canto
dove i grilli ammutoliscono per assistere all'unione
che è quella più pura
delle palpebre congelate non aperte
perché quello che vedrebbero sarebbe bianco
e solo.

Io ti acclamo per arrivare ad annusarti fino all'osso
per leccarti via il male dalle tibie
come il veleno di vipera, per non impazzire
in una nuova e vuota alba opalescente
(opalescente è sempre un bel colore)
dove Febo rincorre, in ritardo
(come ci piace tutto ciò che è popolare)
fino all'ultimo gemere del giorno.

Io ti chiamo per nome:
Centauro scuro
notturno angelo del desiderio
Io ti chiamo per nome
Amico
Amante
Amore.

Erba secca e sudore,
mani piccole e vino rosso
schianti di sirene per rallentare il tempo
che ogni minuto valga cento ore
e ne vengano aggiunte cento in sovrappiù
per non fermare il canto.

Io ti rincorro,
alato figlio di Venere,
nato dal mare, come me,
ma dall'altra parte del giorno
figlio dell'alba, tu sei,
come io lo sono del tramonto.

Io ti seguo umana e bellissima imperfezione
dove vorrai portarmi
fino alla fine del tempo.