giovedì 27 gennaio 2011

Antropophagus (ovvero del ritornare in auge dopo così poco tempo, neanche si fosse un movimento artistico, una moda, una mania)

  • Com'eravamo belli, ti ricordi?

(Ed è qui che pare all'autore che l'unica dimensione pertinente sia quella dell'oblio)

  • quant'eravamo belli, sì, certo certo, eravamo belli perché non eravamo noi.


 

Come se il tempo ci scorresse addosso come l'acqua, che tutto lava, come se tutto fosse cambiato e ritrovarsi uguali come quella volta che le mani ce l'eravamo lavate con l'acqua sì, ma degli occhi.

Quanto eravamo belli.

Eravamo così belli dal non poterci guardare accecati, eravamo tanto belli da non sentirci stonare cantando ed era tanto tempo fa.

Non ce lo possiamo ricordare perché eravamo altri di noi in corpi simili,

  • faccio dell'oblio per cena, amore
  • grazie cara, ne prendo due piatti.

E così andarsi avanti a sopravvivere nelle proprie miserie, nelle minestre di finzione, con spruzzate di parmigiana indifferenza, perché è un sapiente ingrediente che pare indispensabile per non implodere.

Quindi far tintinnare i bicchieri alla salute di un altro ingorgo

  • Alla nostra?
  • Alla tua, mia cara, tutta tua e te la porgo da sbucciare pelle per pelle questa cipolla, come pegno di stoltezza.
  • Alla nostra, stavolta?
  • No, cara, tutta tua anche la stoltezza.

E poi ringraziarsi brindando.


 

Eppure nei libri c'era scritto che si era imparato come si sopravvive, che non si ripetono due volte gli stessi errori, che non si fa un altro frontale sulla stessa macchina, oppure sì, finché non la si distrugge, questo invece lo si legge nei dischi.

Ed è solo un errore del darwinismo, il nostro antipasto.


 

  • Cosa vogliono, cara, quegli occhi alle finestre?
  • Quello che tu non vuoi
  • E tu cosa vuoi?
  • Io non voglio loro.

In fondo è sempre colpa degli spaghetti se non si arrotolano sulla forchetta, intanto è sempre colpa dei tramonti se è necessario accendere le candele per guardarsi allo specchio.

  • Come sto amore?
  • Un altro ti troverebbe bellissima.
  • E tu come mi trovi?
  • Io non ti cerco.

Realizzare che si è lì per un altro rito che le Moire apparecchiano, mai che si tessessero le loro tovaglie d'attesa quelle altre, tutto così talmente lampante da dover essere disatteso per partito preso o per sfidare la sorte ma, a lei, non piacciono le sfide.


 

E così stiamo a guardarci in desueti occhi di bambola a soffiare le candeline della torta davanti a noi

  • Sono tre, una per me, una per te e una avanza, una avanza sempre, è per quello che siamo dispari?
  • Certo, siamo due uni. Buon compledanno.

E poi passa il tempo in orologi senza lancette che tanto è relativo ed è più facile immaginarselo il tic tac.


 

  • Ecco il tuo oblio, amore.
  • Cara che buono, ma cosa ci hai messo?
  • Un pezzo grosso di cuore, fegato spappolato, polmoni interrotti, succo d'occhi
  • E poi?
  • E poi, se avessi ancora fame, anche una bella fetta di culo.

E quindi ho messo le mani in tasca

Ed ho sputato sulla tavola

Buon appetito amore mio