mercoledì 17 marzo 2010

Anche se non ho le ali

16 Marzo 2010 Teatro Smeraldo, Milano
Gli Afterhours a teatro, una bestemmia se penso ai miei anni del liceo quando il mio compagno mi scrisse tutta 1.9.9.6. sulla smemo (a proposito di bestemmie, forse era per il gusto di vederla scritta?) ma sono storie altre e poi io sono cresciuta e loro più di me, adesso il teatro sì, ci sta.
Le luci si abbassano puntualissime e il sipario si alza allo Smeraldo, Manuel Agnelli completo nero e capello lungo, caldo di piastra, si presenta da solo sul palco senza strumenti e con un foglio, tratto dal suo "meraviglioso tubetto" che è poi diventato il testo di anche se non ho le ali non vuol dire che non t'ami.
Accompagnato da (udite, udite!) nientepopòdimenoche Xabier Iriondo in tutto il suo splendore e varia strumentazione (la mia vicina chiederà alla sua amica "ah sì? e chi è questo iriondo?" mah!)
Partono bene, sì, e continuano meglio con l'ingresso del resto della band accompagnata un quartetto d'archi, ritmo incalzante e frenetico per una tarantella all'inazione dall'inizio claustrofobico e un cuore di macchina, D'Erasmo suona il tamburello, dello stridore del violino si occupa la mini-orchestra degli Gnu Quartet alle sue spalle.
Direttamente dal mio primo anno fuori casa di mamma e papà viene riesumata tutto fa un po' male mi accorgerò che sarà la serata dei revival e mi preoccupo per il collo di Dell'Era che pare esplodere in quei controcori, come al solito in tenuta da Benicio del Toro di Via Ripamonti tratto distintivo assieme al balletto sixty col basso (che peròperò quando lo suona si fa perdonare tutto).
Così cala un telo bianco funzionale alla proiezione di volte di fumo che tanto mi ricordano l'onirismo lynchiano di Eraserhead, gli Afterhours stasera tenteranno di darsi un taglio "intellettuale" e lo faranno ma con risultati alterni.
Un lunghissimo intermezzo musicale sulle note di musicista contabile, questa sì che è una sorpresa, sto quasi a bocca aperta mentre durante il cantato in un gioco d'ombre i musicisti vengono proiettati ora l'uno ora l'altro a ingigantirsi contro quello schermo, le lanterne magiche di un'infanzia di altre ere, potremmo supporre, e come infante sta il pubblico piuttosto ammutolito e composto.
Avevo dei ricordi ben più movimentati dei concerti degli afterhours, i primi si perdono in una fine d'adolescenza ma anche quelli molto più recenti non paiono contraddire la mia antica impressione, però sì, sono stupita, mi piace l'atmosfera.
Mi risveglia posso avere il tuo deserto con tutta la forza di un brano che pare appena uscito talmente suona nuovo live con un nuovo vestito e per la rarità con cui è proposto, Bello.
E poi lo schianto con simbiosi e sì, è ritornato Iriondo a smanettare con i sinth ed elettronica variopinta, ed è tutto così sommesso prima e poi diventa quella cosa che conosciamo, quelle parole disperse nel vociare, il pubblico ammutolisce, qualcuno canta ma sottovoce, per non disturbare qualcosa che da tempo mancava e D'Erasmo guida quel quartetto d'archi e flauto, così, perché non si smarriscano nella simbiosi anche loro.
Succede dopo una cosa stranastrana e anche un po' bruttarella, arriva Claudia Pandolfi (sìsì l'attrice) a buttare via i Versi del Testamento la poesia di Trasumanar e Organizzar di Pasolini.
Ed è enfatica, troppo poco partecipe forse, quello che passa è una leggerezza della solitudine che non c'è nell'originale, la band ha la pietà di accompagnarla, chissà che ci distraiamo un po'.
Poco tempo e l'applauso va a Pasolini più che a lei, anche se davvero, non so se in questo contesto fosse appropriato, non letto così ma il "bello" deve ancora venire.
Esce leggendo l'articolo sul Vilipendio (mi pare che il titolo sia proprio questo) di Manganelli, parte il disastro, in tutti i sensi, tempi sbagliati, ironia dove non c'è e piattume dove c'è ironia, il pubblico se ne accorge, qualcuno urla qualcosa, lei si impappina, prosegue a stento, non vediamo che finisca quest'agonia, l'applauso è liberatorio.
Ci aveva anche provato Iriondo con le sue macchinine elettroniche a risollevarne le sorti, un momento talmente basso che manco all'oratorio quando si volevano recitare le tragedie greche.
E allora spalanchiamole le tende proiettate di senza finestra, facciamo finta non sia stato detto nulla e continiuamo con la serata che è ancora lunga e con una dolcissima Icebox in diretta dall'oltreafter, un tempo così lontano che non ho mai conosciuto vivo e rispunta a distanza di vent'anni.
Qui cambiano le carte in tavola, la versione è acustica con Dell'Era alla chitarra, acustica appunto, Agnelli solo voce, Ciccarelli è l'unico stabile alla chitarra elettrica, D'Erasmo alla chitarra e Prette sta seduto a terra e pizzica una cosa che mi pare il basso di Dell'Era ma potrebbe essere una chitarra, sono troppo distante.
E tutto diventa di una dolcezza inaudita per i ruvidi after e anche noi turn to ice mentre si compie.
E rientra Iriondo per aiutarli a tornare ancora più indietro talmente lontano da essere inafferrabili fino a spiegare how we divide our souls anche se sembriamo abbastanza compatti; con Iriondo alla chitarra elettrica hanno liberato Prette che fremeva, alleluja.
E poi è il momento di 1.9.9.6. eccola lì, direttamente dalla mia smemoranda (del 1999/2000 però) un infrangersi di architetti sopra la città con la stessa vemenza di allora, mi appassiono e canto un po', lo fanno tutti adesso, meno male.
Manuel, con tutti i musicisti sul palco e lui al piano dirige un tappeto sonoro sul quale legge un brano di Flaiano: "Le Iene" 'azz, bravo l'Agnelli, gli avrà insegnato un qualche maestro di recitazione, non deve essere lo stesso della Pandolfi però, meno male.
Chiamata e annunciata arriva la ballata per la mia piccola iena a suonare quasi come una hit in quel contesto confidenziale, non so, è bellissima come sempre ma inaspettata nonostante, probabilmente, prima di entrare avrei giurato che l'avrebbero fatta.
Così tutto diventa blu, tutto diventa mare e parte oceano di gomma soffusa, mi pare, guardo Prette che adesso indossa un bustino nero, me lo ricordavo più virile, infatti è la solita Pandolfi che con una notevole apertura alare batte sulla batteria sotto il diretto controllo alternato di D'Erasmo e Dell'Era.
Come batterista è meglio e ho detto tutto.
La canzone è comunque la meraviglia di sempre.
Un nuovo cambio di prospettiva ed è solo febbre forte e intensa, D'Erasmo e gli Gnu danno il meglio di loro stessi e non si rimpiange il violino psichedelico di Ciffo.
E' rimasto solo con gli Gnu, adesso, Manuel e si siede al piano per una pelle struggente (ad emozione antica, vetusto aggettivo), bella anche così, non oserei un più bella ma per alcuni istanti l'ho pensato.
Si viaggia ancora e si approda a Varanasi baby con una scenografia molto indiana e una coda interminabile, potente, è la chiave della serata l'alternanza del piano e del forte (ogni riferimento a strumenti musicali reali o presunti è puramente casuale).
Si chiude questa prima tranche con ritorno a casa , e dunque, altro monologo Agnelliano,questo pezzo lo salto sempre quando sono fuori casa, mi fa venire i lucciconi ma stasera non trovavo il tasto "avanti" e così i lucciconi me li sono dovuta tenere.
La pausa dura poco, una decina di minuti, subito riappare Manuel in una scenografia molto mutata ai piedi di una specie di scivolo con la chitarra e alle sue spalle gli Gnu a cantare il paese è reale, a metà si ferma, da una tenda bucherellata appare Antonio Rezza, ospite annunciato e graditissimo, finisce lo scatch e rinizia la canzone.
Gli afterhours non suoneranno più da questo momento, se si eccettua qualche accompagnamento fatto al comico laziale, ma si esibiranno nella veste inedita di attori, una bella sorpresa.
Rezza è divertente e diverte, la sua comicità sopra le righe, intelligente, strafottente, lucida conquista lo Smeraldo.
Si esibisce dapprima in una "rivincita" delle sorellastre di Cenerentola, poi in un "training" per Giovanna D'Arco, poi è la volta di un malefico nanetto vestito di azzurro che sa fare tutto e ne combina di più (o.r.a.f.c.p.e.p.c.) alla fine da un ospedale si passa ad una corsa tra suore e laici.
Poi conclude con una "pietà" livornese con tutti gli after in scena.
Sì, lo so, detto così non fa ridere.
Escono tutti a salutare e gli applausi non languono e continuano anche dopo la chiusura del sipario ne vogliamo ancora, com'è ovvio che sia ma manuel fa cenno all'orologio, è tardi, si deve chiudere.
Rimane la sensazione di aver visto degli afterhours veramente inediti, rimane la sensazione di un bello spettacolo seppure, in alcuni momenti, un tanto al chilo, rimane la sensazione che gli after funzionino, anche a teatro.

2 commenti:

  1. C'ero anche io!
    E condivido grossomodo ciò che hai detto. Anche se, ormai, Manuel riesce sempre, in qualche modo, a starmi un po' sul culo.
    Ciò non toglie che sia stato un valido spettacolo!
    Baci!

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  2. Io l'ho trovato abbastanza riuscito come spettacolo, inconsueto per il pubblico solito degli after probabilmente, ma forse è giusto anche così, cambiare un po' ogni tanto.
    Credo che la sottile antipatia sia il tratto distintivo dell'Agnelli e credo però che, stavolta, abbiano un po' peccato di "troppa carne al fuoco".
    Grazie a te per essere passata :)

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