martedì 1 marzo 2011

Mononotte

Finiscono sempre dall'inizio le mononotti, coi piedi sul muro per tastarne la presa, "in verticale non si può camminare" la risposta che non vuoi darti.

Le mononotti sono cieche buio e penombra a saggiarne la consistenza, si muovono su accoppiamenti vetusti come "cuore/amore" poi controllano per bene, come esperti dentisti, il cavo orale del lupo che digerisce la bambina dalla mantellina rossa e sentenziano che l'unione non s'ha da fare: per gentile concessione delle (non)luminari(e), il primo può battere forte fino a bussare alle porte della gola, lì, nella casa abbandonata delle tonsille amputate, il secondo anche può battere forte, in ritirata.

Ti accorgi che è mononotte quando i lumi vengono spenti contro la loro natura e che accessi, i lumi non vogliono stare mai per pudore ed empatia o quando stanno accesi, quei lumi, non possono far altro che assistere, ondulatori, agli accadimenti che portano le mononotti.

Sono tristi, le mononotti, disperate, spesso, vengono sempre da sole e vanno via con precisione prima del brindisi dell'addio, che non s'alzino i calici, che non si srotolino i liquidi.

Mai.


 


 

C'è stato un tempo in qui ci davamo del noi, quando le notti le sognavamo e basta, quando le notti le piangevamo e basta senza diritto alcuno nella speranza, senza rovescio debole di medaglia.

C'è stato un tempo in cui le notti danzavano e volevamo che passassero in fretta, che un altro giorno arrivasse con un'altra notte in groppa e che fosse una delle nostre, notti impilate che si potevano chiamare tali e, io e te, in quel tempo, ci davamo del noi.

Potevamo anche leccarci via i mugugni dalla labbra nel tempo delle notti susseguite, vicendevolmente perfino, senza tremore, le notti quando sono tante si abbracciano a vicenda, l'unica cosa che non sanno fare, le mononotti è abbracciare il prossimo loro troppo concentrate a brillare per sé stesse di buio proprio e di ciechi guaiti.

Cercano l'estasi momentanea, le mononotti, o la rifuggono per splendere di vago eroismo, non capiscono, le mononotti, che a volte è solo una stretta a creare l'unione, non l'incastro, che bastano due mononotti per fondersi in due notti consanguinee, siamesi, la differenza sta nella possibilità di evitare la veglia perché qualcuno la fa per te.

Le notti del sussurro e le mononotti dell'urlo, ecco la novità.


 


 

Continuano a esistere le mononotti, per correre via feline alla prima alba, per lasciarti in bocca il sapore dello smarrimento e del "non ero io" che l'unica cosa che vuoi sono più notti, da chi non li guarda neanche, i tuoi occhi, di chi non ti da la possibilità neanche di scegliere le parole giuste da scandire per aprioristico errore.

Così ti rimangono le mononotti e il freddo delle stanze dell'indomani e le possibilità negate e le parole morte legate ai rami del rifiuto.

Così ti rimangono le mononotti e i baci spediti agli indirizzi sconosciuti.