Quest'uomo sapeva scrivere.
Di fronte a tale padronanza della parola molti scrittori nostrani dovrebbero fare un mea culpa cospargersi il capo di cenere (che è pure il periodo buono) e consegnare la penna finchè non perdono un po' di boria.
A parte gli scherzi, questo libro non è come la biere nei confronti del quale l'identificazione del lettore è, per certi versi, immediata.
Questo libro è scomodo, se non fosse per la filosofia della felicità, della libertà individuale v/s leggi umane, della teoria dell'uomo animale sociale di cui è intriso, specialmente nella parte finale, sarebbe molto difficile arrivare in fondo.
Questa teoria ricorda il leggi umane/diritto naturale o divino di Sofoclea memoria (per la precisione mi riferisco al mito di Antigone) ma questa volta il ribaltamento è ancora più assurdo perchè la coppia incestuosa va a sfidare sia le leggi di stato sia le leggi naturali/divine, anzi, se si vuole più marcatamente queste ultime, a favore di una legge, quella dell'amore che non pare però trovare altra via che quella della fuga.
Il rimorso, la possibilità, il dolore, il ritorno.
E' difficile anche stare totalmente dalla parte dei due, anche capirli e accettarli, pur nell'ambito della finzone letteraria è inevitabile non immedesimarsi in qualche modo in un romanzo e qui è quantomeno difficile, un po' per educazione,un po' per istinto di conservazione della società umana.
E' un libro scomodo, non aprezzato particolarmente neanche dai "fans" di Landolfi del periodo che lo hanno accusato di Dannunzianesimo e di esagerare le sue ben note qualità a favore di un manierismo tracotante.
E, sempre dalla postfazione, apprendo che questo libro ha visto la ristampa solo nel 1992.
Può anche darsi che non sia l'acmè scrittorio di Landolfi, ma, e a pensar male ci si azzecca sempre, qualcosa mi dice che l'Italia democristiana, catoniana e perbenista della ricostruzione postbellica non apprezzasse particolarmente l'argmento trattato anche perchè c'è una sorta di happy end, non personale ma, che è peggio, sociale.
Il riconoscimento civile, seppur celato e non diretto alla coppia è comunque inaccettabile, per allora e anche per ora, nonostante Landolfi indori la pillola con l'introduzione in finale della parola "peccato" che non appare mai nel resto del libro se non per essere immediatamente considerata nulla.
Considerazione di contenuto a parte è un libro duro per contenuto e ostico per lessico e scrittura, ma Landolfi rappresenta la vetta naturale della possibilità di dire in lingua italiana e a me non resta altro che divorarlo tutto avidamente.
Un amore del nostro tempo
Di Tommaso Landolfi, Idolina Landolfi (Curatore)
Adelphi (Biblioteca, 265), 1993
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