Non capita spesso, no, che i libri ben scritti vadano oltre il piacere sensoriale della parola finemente articolata.
Non capita spesso che le inflessioni dialettali e l'italiano popolare, quello regionale e marcatamente caratteristico di una zona si amalgamino alla perfezione con un'eufonia rara.
E non capita spesso che questo alto scrivere diventi spassosissimo per le innovazioni stilistiche e di contenuto.
Di regionalismi, essì, ne abbiamo un po' piene le tasche ma questo è fuori da ogni sospetto di moda, lontano nel tempo e nello spazio come Malo.
Io sono sarda, per cui il veneto non lo mastico affatto bene, e ciò mi sono divertita però.
Ci ho provato anche io, ci ho provato a pensare a come quella vita di Malo negli anni '30-'40 fosse così simile a quella di un paesino sardo negli anni '80-'90 con le macchiette, i personaggi caratteristici, i modi di dire e di fare.
E così, giocando, giocando ho pensato che nella mia infanzia non ci furono (fortunatamente) canzonette fasciste delle quali poter mistificare i senso.
Ma quando ero piccola io c'era Ligabue (ahimè)
così cantavo
certe notti la radio che passa negli anni
sembra avere chi tu chi sei.
Perché l'autobiografia nel parlare di Libera nos a Malo?
Perché non si può fare altrimenti che calarvisi dentro e riviverlo sulla propria pelle declinato nel proprio mondo.
Libera nos a malo
Di Luigi Meneghello
BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2006
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