mercoledì 22 luglio 2009

Ho chiesto alla polvere

Non posso parlare di questo libro prescindendo da quello che mi ha ricordato di più, non posso parlarne se non paragonando Arturo Bandini (o John Fante, c'est a vous) con quel Carnevali del Primo Dio .
Anche qui c'è l'America delle stanzette in affitto, dei mozziconi spenti, della Santa Arte dell'Arrangiarsi in attesa dell'esplosione, del riconoscimento di quell'altra arte, quella della parola.
Italoamericani entrambi, quindi ai margini, uno nell'est e l'altro nel west come che la cosa poi sia in qualche modo sintomo di un trattamento differente e c'è l'amore, non corrisposto, altalenante.
Ma il libro di Fante ha di diverso questo essere assolutamente impotente nei riguardi dell'amore e non riduttivamente in senso fisico ma anche nel modo di concepirne una grandezza e un assoluto che risolve tutto nella mente, la sua.
Camilla non è, potrebbe anche non essere lei o com'è, non è Camilla che ama Arturo Bandini, lui è innamorato delle sue possibilità come scrittore, lui vorrebbe una musa ma si limita a vivere un rapporto tormentato e fasullo con una ragazza messicana, impolverata anch'essa, anch'essa ai margini e destinata alla polvere infine.
La fuga dall'odore di cera della religiosità familiare ma anche il continuo esserne attratto e posseduto è un altro dei temi portanti con la variabile tipicamente cattolica preconciliare della colpa che si dilata astraendosi da lui per abbracciare una dimensione globale, il terremoto di Los Angeles come controparte di fronte ad un peccato di adulterio.
E sì, l'ego di Arturo Bandini e grande anche nel peccato, nella consapevolezza che le sue azioni vanno al di là dell'albergo di Bunker Hill, che si sviluppa in "bassezza" coi piani che vanno sottoterra anziché in alto, ma che hanno un valore universale perché lui è un grande scrittore, adorato da un mecenate potente, lui è l'autore del racconto, il cagnolino ride "che non parla di cani ma parla di uomini"... Solo che ci vuole tempo, ha bisogno di ancora idee per essere consacrato, per finire il suo romanzo, per abbracciare una donna vestita d'ermellino.
E Bunker Hill si sviluppa verso il basso, come verso il basso si affondano i personaggi di Fante, gli abitanti di una Los Angeles lontana dai Lustrini Holliwoodiani ma non cattivi, capaci al massimo dell'efferato assassinio di un vitello,solo con negli occhi la loro verde terra natale, il resto è deserto.
Lo stile si mescola toccando delle punte veramente di estremo lirismo nel racconto della dannazione o del rapporto col divino (forse non ha o non vuole altri mezzi per rapportarsi con ciò che non capisce perché troppo alto e sacro) e viceversa andando a sfregiare la carne con metafore ardite o sfiorando l'ilarità in molti punti.
Gran bel libro e consigliatissimo.
E adesso mi aspettano gli altri della saga di Bandini e accidenti a me che snobbavo John Fante.

Chiedi alla polvere
Di John Fante, Maria Giulia Castagnone (Traduttore)
Einaudi, 2004

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