Ven 3 Lug – Mondo Ichnusa: Spiaggia del Poetto, Cagliari
Non vedevo gli Afterhours live dal lontano 2003 e ne è passato di tempo e di cambi di formazione.
Una sola cosa non è passata, la gente che chiede a gran voce STRA-TE-GIE STRA-TE-GIE e Manuel che con il suo solito aplomb risponde "E' bello stare legati ad una sola canzone, voglio essere ricordato così, che ogni volta che sta per partire un pezzo tutti inizino a chiedere Strategie",
Va bene Manuel, ti ricorderemo così e in splendida forma nonostante i tuoi 43 anni suonati.
Ovviamente gli Afterhours Strategie non l'hanno fatta neanche stasera.
Ma non ero lì per una canzone, ero lì per gli Afterhours, di nuovo...e ancora
pubblico eterogeneo, da festa della birra, seppur Ichnusa e questa è cosa buona e giusta, ma anche e soprattutto fans dei milanesi.
Luna quasi piena e, dopo la giornata più calda che fino ad ora ci ha offerto quest'estate anche un venticello dal mare, tanto per gradire.
Location perfetta se non fosse stato che gli After suonavano contro vento e chi era indietro non sentiva poi tanto o, almeno, questo riportano le leggende metropolitane, io ero talmente vicina alla cassa destra del palco che il mio orecchio sinistro ancora m'implora pietà.
Un inizio totalmente inaspettato, ore 22 e 30, con buona pace di chi “tanto non iniziano prima delle 11 e mezza” se ne stava fantasticamente incolonnato in viale Poetto tra “la sinfonia dei…clacson” e
meno male, forse è stato meglio così, fare anticamera non mi è mai piaciuto poi molto e mi ha salvata dalla tentazione subdola del banchetto del merchandising che è tradizione molto bella quanto dispendiosa.
Dove si va da qui apre le danze che ancora si stava al chioschetto Ichnusa tra l’incredulità degli astanti e “ma forse stanno solo facendo i ceck” tutti ci aspettavamo i Sikitikis che, a questo punto, devono aver fatto un matinée (scoprirò poi che non dovevano aprire ma solo fare un pezzo come “ospiti”); l’esodo verso il palco comincia massiccio e ovviamente finisco con davanti uno di duemetriedieci.
Meglio, mi godrò l’ascesa al palco, la montagna da scalare, l’avanzamento lento lungo la spiaggia, ‘che se ad una cosa ci tieni devi anche guadagnartela.
Il paese è reale a seguire, già mi fa intravedere D’Erasmo e le scarpe di Ciccarelli ma “dir la verità è un atto d’amore” e, nonostante l’attitudine sia molto rock, Manuel appare un po’ “cirdino” (cit.) e soprattutto distante, ringrazia a mezza voce e infila un pezzo dietro l’altro, senza pause.
Oh bè, si scioglierà, penso, e intanto lasciami leccare l’adrenalina scalda il pubblico e ci proietta tutti in atmosfera molto Afterhours old style con braccia al cielo e cantato stonato annesso da parte del pubblico, ovviamente .
Gli autoctoni Sikitikis vengono invitati sul palco, e fanno una male di miele urlatina anzichenò con Diablo che per l’occasione è stato posseduto dallo Spirito Guida di un Canguro ma il pezzo funziona, la gente canta più di lui (come sia possibile questo è inspiegabile in quanto in natura non pare esistere essere che riesca ad urlare più di Diablo) e Manuel gli fa i controcori, sì, dai.
Diablo va a casa con un bel sette e anche qualcosa di più e io avanzo di due caselle così posso finalmente vedere il frontman o meglio i suoi capelli, si farà vedere in viso giusto due volte in tutta la nottata.
La sottile linea bianca arriva a scardinare certezze, a far male di più e meglio che su disco ed inizierà così la lunga saga dell’atroce sventramento che gli After riescono a compiere nei loro pezzi analizzando l’umano sentire ed entrando a fondo e sottopelle alle dinamiche amorose specialmente come accade per esempio con Sulle labbra.
Vincendo la tentazione di fare harakiri con il mio spillone per capelli riesco a resistere a Quello che non c’è, forse la loro canzone più dolorosa.
Poi tutto si perde e si confonde.
Ricordo una vedova bianca non proprio all’altezza con molte sbavature e anche orrori d’intonazione e lì vedo uno pelato al basso, sono miope, ebbene sì, lo ammetto, ma già così tendo ad escludere che sia Dell’Era colto da un’improvvisa calvizie.
Scoprirò poi, durante la presentazione del gruppo, che: “alla batteria Giorgio Prette, alla chitarra Giorgio Ciccarelli, al violino Rodrigo D’Erasmo, al basso…(ahimè non lo ricordo) e all’ospedale Roberto Dell’Era” e Manuel aggiunge che questa battuta idiota la fa sempre anche se Dell’Era dall’ospedale e già uscito da un po’.
Ma torniamo a noi, o meglio a loro.
In ordine non proprio corretto e me ne scuso, arrivano E’ solo febbre e qui il violino un po’ più sporco di Ciffo si fa rimpiangere un po’ nonostante l’impeccabilità D-Erasmiana, in caduta libera una Bungie Jumping senza elastico e Non è per sempre con immancabile coro da sotto il palco come la dura legge del singolo di successo reclama.
Neppure carne da cannone per Dio e Naufragio nell’isola del tesoro sono più che aspettate e all’altezza come del resto Musa di Nessuno misurata e Ballata per la mia piccola iena che da luogo a un personalissimo e interiore delirio.
Manuel si scioglie un po’ solo dalla seconda parte in poi quando vengono introdotti i Dorian Gray una band locale che suona un proprio pezzo con gli After, a quel punto c’è chi tra il pubblico si lima le unghie e chi si prende una pausa sigaretta, i più optano per una capatina al vicino chiosco spaccio di Ichnusa.
Meno male finisce in fretta e riprende con Tema: la mia città, e il sangue di Giuda che pare stillare nuovamente giù dal palco.
Poi Sui giovani d’oggi ci scatarro su, senza scatarrate a mo’ di lama per fortuna, ma, in compenso, con una variante sul testo “come pararsi il culo e la coscienza è un vero sballo,
sabato C’E’ SANREMO e lunedì al leonkavallo”
Un momento di autoironia e di risposta forse ai molti fans che hanno criticato la loro partecipazione al festival.
Poi una canzone in inglese di non meglio definita provenienza con Manuel al piano, anzi, se qualcuno sapesse, bè, che parlasse e la gente sta male.
Non mi ricordo con che pezzo hanno chiuso questo secondo blocco, credo con Voglio una pelle splendida ma se così fosse ero talmente impegnata a chiedere di salvarmi che non lo so più, ma ricordo benissimo quanto avrei voluto che uscissero di nuovo, almeno per bye bye bombay e ci sono molti modi, ma non ci speravo.
E invece…
Viene fuori Manuel a salutare il pubblico sorseggiando qualcosa a metà tra una birra scura senza schiuma e una 0,40 di vino, ma di questi misteri non c’è dato sapere, e riprende subito con byebye Bombay per l’appunto dove “io, non tremo è solo un po’ di me che se ne va” viene cantata dal pubblico in un enorme cerimonia catartica di liberazione ancora più sentita da chi è isolano e sa cosa vuol dire lasciare un porto.
Poi Manuel si siede al piano e: “è arrivato il crampino delle 11 e mezza, Giorgio non sente la batteria, Dell’Era è all’ospedale ma la vita è meravigliosa” ed attacca una what a wonderful world un tantinello sopra le righe.
Così c’è dato scoprire come Manuel in una stessa sera possa essere annoverato tra i migliori rockers e i peggiori crooners.
Ma rimane al piano, e quasi non ci speravo più, rimane al piano per l’ultimo pezzo, quel pezzo, ci sono molti modi è straziata e straziante, sussurrato e poi gridato, perfino il pubblico è un po’ più muto e tende a non cantare con lui.
Poi se ne vanno e alla minaccia dell’arrivo di un dj locale la spiaggia si svuota.
La sensazione che se ne ha alla fine è quella di un concerto rock sulla spiaggia, non filologico, anche un po’ sbavato, ma comunque curato e abbastanza lungo, (più di due ore) ma sì, in spiaggia ci sta.
Non avevo ancora sentito live D’Erasmo e mi è piaciuto molto, forse anche più pulito e tecnico del suo predecessore (ma… Ciffo, mi manchi!), rammarico per non avere mai sentito live con Gabrielli e mi sarebbe tanto piaciuto sentire e vedere Dell’Era che su palco pare si diverta e diverta.
Peccato per Manuel che comunque non si è concesso poi molto ma, a questo ci aveva già abituati ha gestito comunque il concerto con molta professionalità più che sentimento.
Per il resto la band resiste all’età, resiste alle critiche ed è ancora diverse spanne superiore in live a parecchi colleghi.
Tutto sommato un bel concerto.
“Torneremo scorrere”?
Ebbene sì
E spero presto.
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