Gio 13 Ago – Morgan: "Non all'amore non al denaro né al cielo" L'Agnata (Tempio Pausania)
Cosa preferite che vi dica?
Del tuffo al cuore che si aveva quando percorrendo il vialone che porta all'Agnata d'intorno c'erano dipinti con il faccione di De Andrè ad interpretare tutti i personaggi di Non al Denaro?
Del vedere la tenuta dei De Andrè, di Dori Ghezzi che si aggira tra i presenti come una perfetta padrona di casa?
Del sentire la mancanza di Fabrizio, così intensa e forte da dare sacralità ad un luogo che è sacro ma alla latina, quando sacro ancora voleva dire separato?
Del piano a coda, montato sotto i nostri occhi sul prato verde, del pubblico così eterogeneo dai bambini agli anziani, abbondantemente ripulito dalla fanciullesca acefalia imperante però allo stesso tempo paralizzato, anche un po' frigido a volte raramente fuori luogo?
Di noi sotto il sole dalle due per guadagnarci la prima fila, noi con una crisi d'astinenza di anni e anni, carichi di aspettative (mai caricarsene così tanto, perdio, poi fa male quando vengono sistematicamente deluse)?
Ma questo non importa, tutto questo è di un'inutilità sconcertante quando poi, alla fine del vialone è un ritratto di Morgan imprigionato in un prisma a dominare, quando poi l'attesa è per lui, quando poi lui che canta De Andrè ha delle potenzialità così gigantesca che non puoi credere di essere lì in quel momento, non puoi credere che assisterai ad un evento, proprio tu, che non lo becchi mai, che abiti lì, nell'isola.
Alle sei meno un quarto già ci avvisano che stanno per iniziare, mi stupisco della puntualità ma me la spiego con gli impegni successivi di Fresu.
Infatti è lui, il direttore artistico del Time in Jazz, insieme a Dori Ghezzi a presentare Morgan, con sperticate lodi da parte di quest'ultima: "molti hanno iniziato a conescerlo adesso ma hanno visto neanche un quarto delle sue potenzialità".
Si abbracciano Dori e Morgan, lo faranno spesso durante la serata, un abbraccio stretto, quasi un aggrapparsi.
E poco prima Morgan era uscito dalla porta a vetri, quella che sta dietro la tenuta, il lato B della facciata ricoperta d'edera, esce e saluta e noi siamo a un metro di distanza, e la sento come una cosa surreale ma piacevole,e penso solo "eccolo, ci siamo".
E parte subito con "qualcuno tornerà" abbastanza intensa, meglio, molto meglio al piano solo che su cd, poi fa "il suonatore Jones" e lì vengono fuori le magagne, il solito cazzo di Mac!
Casse che gracchiano, suoni sintetici che non escono e lui si arrabbia per il volume: "vi avrebbe spaccato le orecchie" dirà il suo fonico poi.
Problemi tecnici e una leggera approssimazione, nell'attesa manda l'intro con la voce di Pasolini, quello dove parla dei media e della censura, mi strappa un sorriso.
Ma questa è un'altra storia di parentesi e di errori, di sole che tramonta a volersi giustificare coi riflessi sui tasti per testi nel dimenticatoio.
Ma non fa nulla e si spaventa e suona il tema di "incontri ravvicinati del terzo tipo" forse lo inquieta averci così, a un metro da sé.
Finalmente si ricorda che è in casa "De Andrè" e suona "Morire per delle idee" inframmezzata dal tema di The Addams Family, non una novità se il pubblico non fosse totalmente incapace di seguire il tempo con le mani, è una cosa che ho notato, l'ansia di battere sempre una volta in più.
Ma è stata "altrove" ad accendere il pubblico, la hit, il richiamo, ovviamente con un intro che per molti appariva irriconoscibile, esaltati solo da quell'inciso: Però conclusa e intercalata da "volare" come le leggende dcono gli piaccia fare ai Piano Solo.
Poi è il suo momento, "Amore Assurdo" straccia l'anima, strozzata dal nuovo timbro morganatico e poi "Contro me stesso" ammutolisce anche chi, nonostante tutto, continuava ad urlare cantando, fuoriluogo come poche cose.
Suda morgan e si agita e combatte con mac e sinth, e poi invita Fresu ad improvvisare con lui, dal canzoniere di De André e a quel punto che l'atmosfera cambia.
Un lunghissimo intro jazz di piano flicorno introduce "Preghiera in gennaio" e, finalmente, liberato da orpelli e computer, piano, voce e flicorno, a casa di De Andrè, bello da morirci un po' a ghiacciare gli spettatori a 30 gradi all'ombra nell'acuire una decennale mancanza.
Poi un "ottico"a partire dal primo cliete psichedelica e appoggiata al flicorno che serviva un po' da controcoro per finire con una "Canzone dell'amore perduto" resa ancor più malinconica dai fiati, che nella campagna di Gallura gli amori perduti fanno male sempre un po' di più.
Ed è il devastante peso dell'addio.
Dice che vorrebbe risparmiarsi il siparietto del bis per cui si alza e torna al piano per concludere con Ni dieu ni maitre (chissà se è scritto bene) un Leo Ferrè tradotto in italiano omaggio, come il fiocchetto per una volta pertinente, al cantore anarchico italiano da un altro anarchico cantore, e con questo ci saluta dopo appena un'ora e dieci.
Non nego una certa irritazione da parte mia nel suo essere stato così esiguo, nell'essersi risparmiato un po' nei tempi e per aver quasi completamente saltato "Non al denaro" a cui il concerto doveva essere dedicato e un po' d'insoddisfazione a caldo che, a freddo, soprattutto nel rivedere la bella prova con Fresu e il pezzo di Ferrè mi pare sia stato un evento unico, il giusto battesimo per un ritorno degno
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